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06 Nov

POPKILLER – QUALCOSA DI INCREDIBILE

Immaginatevi per un secondo nella Torino del 2006.

Ai tempi il clubbing non era più il movimento devastante della fine anni 90, ma la crisi vera era ancora lontana.

Era l’anno Olimpico. Torino si toglieva il cappello di “città della FIAT” e si faceva scoprire dal mondo in tutta la sua bellezza.

Musica hip hop, house commerciale da tappi volanti sono ovviamente presenti, ma danno sempre quell’idea di importazione.

La vera musica torinese a chilometro zero ,che sentiamo come “nostra”, è sempre stata, è, e sempre sarà elettronica.

Al Centralino, tempio della underground, nasce un progetto: Popkiller.

L’impatto è devastante, la selezione all’ingresso è rigorosissima, il clima ricorda quello di quei club newyorkesi in cui devi “essere del giro” per poter entrare.

Nell’arco di qualche anno, si passa a La Gare, locale di dimensioni triple, perché il prodotto è troppo potente per farlo restare per pochi.

Qui, forse, il grande errore. Diventare mainstream ti costringe a scendere a qualche compromesso: la selezione non può più essere così fiscale, i prezzi devono scendere ecc.

Nonostante sia stato uno dei progetti nightlife più longevi del panorama torinese, il ciclo inevitabilmente finisce, l’assassino aveva ucciso se stesso.

A quel tempo, io, sbarbatello e impacciato, ero entrato da poco nel dietro le quinte del mondo della notte e, per mia fortuna, era proprio con Popkiller.

10 anni dopo, succede qualcosa di incredibile.

L’idea c’è e, siamo onesti, non è originalissima. Una one night anniversario.

Per chi, come me, ha vissuto quegli anni come suoi, l’effetto leva sulla nostalgia è un carico da 11 di briscola. Troppo facile vincere così.

La location è impegnativa: lo Chalet Club è maledettamente grande.

La data lo è ancora di più: il weekend dopo Halloween, Movement e in diretta concorrenza con il C2C.

Il mio primo pensiero: “questi sono pazzi”.

Ma non si può non esserci. Da questo mondo sono nate tra le più forti amicizie e collaborazioni che vivono ancora adesso in radio.

Entro all’una, l’inizio non è promettente, il locale è riempito per un terzo.

Ma questo non è un festival, qui è club elettronico, la gente arriverà.

La gente, infatti, è arrivata. Una pista piena in delirio che non ha mollato nulla fino alle 6 del mattino.

La line up è quella storica:

Luca Rude, che per l’occasione ha rispolverato il suo nome d’arte dell’epoca: Luca Pussycat

Dado, il vocalist in elettronica, tradizione perduta, frasi costruite per accompagnare il DJ non per sovrastarlo, per interagire col pubblico non per comandarlo. Il “make some noise” qui non è di casa.

Luigi Rocca, ormai star internazionale, ma anche lui ritorna ad essere il Marshall che Torino ha amato.

Grande assente con giustificazione video: Lollino, in rampa di lancio verso l’olimpo delle consolle mondiali.

Le emozioni che ho provato io non sono oggettive, sono state suonate le corde della nostalgia.

Un’analisi razionale, però, la posso fare.

Mi aspettavo un pubblico di trentenni in vena di risentire le vecchie hit del passato e ricantare quei cori che hanno contraddistinto tanti sabato sera.

Ho trovato, invece, anche tanto pubblico più giovane, che ha scoperto il club come penso mai avesse visto apprezzandolo in una maniera nuova, alla vecchia maniera.

E’ stato incredibile.

Assassini per dovere, ballerini per piacere

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