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07 Nov

PPAP – il Giappone che canta

Fine agosto 2016, la mia home di Facebook è dominata dall’immagine di questo simpatico giapponese, vestito con dubbio gusto, che balla un motivetto semplice mettendo insieme una mela e una penna immaginaria.

“Un altro video scemo diventato virale “. Questo è stato il mio primo pensiero.

A distanza di un paio di mesi, però, mi stupisce una sponsorizzata della Time Records che la pubblicizza come brano da acquistare su iTunes.

Non sono nato ieri, so benissimo che il fenomeno virale di Pikotaro sarebbe diventato un tormentone discografico, ma ne ho sottovalutato la portata.

Facendo una veloce ricerca su internet scopro che ha raggiunto la Top100 Billboard (mica noccioline) in Giappone, Canada e Stati Uniti.

In Top10 iTunes da una vita, condivisa sui social da star internazionali come Justin Bieber, milioni di views su YouTube in zona Guinnes dei Primati.

NOTA: Il primato appartiene a Gagnam style, tirate voi le conclusioni.

Sia chiaro: non sto assolutamente per sparare sentenze.

Preferisco fare una breve analisi di quanto il comico, termine neutro, possa mettere KO produzioni di palese superiorità qualitativa, perlomeno nei suoni.

Il brano PPAP non può essere considerato un brano tecnicamente valido, musicalmente parlando.

Ho visto produttori geniali, sempre alla ricerca del suono innovativo, andare letteralmente sull’orlo di una crisi di nervi.

In Italia, per esempio, la scorsa estate, siamo stati invasi dal fenomeno Fabio Rovazzi e la sua Andiamo a Comandare.

A differenza del brano giapponese, però, dietro la produzione del videomaker di Lambrate, ci sono addetti ai lavori di un certo calibro.

Danti per metrica e testo, Merk&Kremont per la base, Universal per la distribuzione.

Un progetto di marketing costruito studiato e centrato in tutto.

Qui il quesito: quanto la ricerca del “brano perfetto” può risultare efficace in un mercato in cui il comico vince sempre?

Dal punto di vista prettamente artistico, è una domanda banale perché l’arte non è mercato.

Ma commercialmente diventa un quesito interessante per chi cerca di trasformare la musica in business.

I numeri dimostrano che, partendo da zero, un fenomeno virale sui social avrà sempre la meglio su un progetto musicale costruito con il fine di essere “musica” e non “acchiappalike”.

Come ho sempre sostenuto anche in altri articoli, il mercato comanda, quindi, chi ha la meglio ha sempre ragione.

Non so quanto dei miei amici DJ saranno d’accordo, ma so che “Andiamo a comandare” deve essere suonata perché volente o nolente la pista la richiede.

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