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06 Dic

MAGIA.. PORTAMI VIA

Magia portami via…

Una frase che, negli anni, si è trasformata in un brand. Un brand personale che porta il nome di Franchino.

Per chi non sapesse di chi sto parlando, mi riferisco all’ultimo vero vocalist elettronico in Italia.

Sulla scena da oltre vent’anni, continua ad essere uno special guest in grado di riempire locali importanti in tutto lo stivale.

Ne parlo oggi perché giovedì 7 dicembre sarà a Torino, allo Chalet Club, con tutta l’allegra combriccola elettronica che ha fatto storia: Ricky Le Roy, Mario Più, Joy Kitikonti etc.

Il post però non è un elogio a Franchino, ne uno spottone alla serata.

Voglio, invece, fare l’analisi della scomparsa di una figura artistica che fino ad una decina di anni fa aveva una sua importanza quasi al pari del DJ: il vocalist.

Fermi tutti! So che i vocalist ci sono ancora, godono di ottima salute e lavorano tantissimo. Ma non sto parlando degli “MC” o più maccheronicamente “animatori” che pompano la folla a suon di “alzate le mani” o cantando (più o meno bene) hit famose per rendere più cantabili anche le tracce di cassa e basso (DJ vi sono vicino).

Parlo invece di quelli che costruivano la loro performance accompagnando la musica con frasi o, a volte, interi discorsi che arricchivano il DJ set, intro di 4 minuti che il pubblico attendeva come si aspetta la hit dell’ospite.

La musica è cambiata, le tipologie di serate sono cambiate, ma certe figure riscuotono ancora grande successo (anche perché non hanno più concorrenza).

Come esempio vi porto la serata Popkiller decimo anniversario di cui ho parlato qui.

Dado the voice è stata una figura fondamentale per la buona riuscita dell’evento: il pubblico chiamava i cori perché erano parte integrante dell’esperienza che stavano vivendo, identità che sta pian piano scomparendo in nome dell’internazionalità.

Su le mani

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